Il presidente Biden e Nancy Pelosi, Presidente della Camera dei Deputati degli USA, che nonostante si dicano cattolici hanno recentemente ribadito le loro posizioni dichiaratamente abortiste, in reazione alla nuova legge restrittiva del Texas. Non tarda a far sentire la sua voce l’Arcivescovo di San Francisco, Salvatore J. Cordileone, mostrando ancora una volta la sua capacità di parlare chiaro e forte in un editoriale apparso sul Washington Post, ripreso di seguito nella nostra traduzione. Precedenti qui - qui -qui - qui.
Arciv. Cordileone: È nostro dovere contestare i
politici cattolici sostenitori del diritto all'aborto
politici cattolici sostenitori del diritto all'aborto
Politici illustri non hanno perso tempo nel reagire enfaticamente alla decisione della Corte Suprema che non ha bloccato la nuova legge del Texas che vieta gli aborti dopo il rilevamento del battito cardiaco fetale. Il presidente Biden ha annunciato lo “sforzo di tutto il governo” per trovare il modo di superare il provvedimento del Texas. La presidente della Camera Nancy Pelosi ha denunciato il rifiuto della Corte Suprema come una “decisione vile e oscura di sostenere un assalto palesemente incostituzionale ai diritti e alla salute delle donne” e ha ventilato nuove azioni legali: “Questo divieto necessita di codificare Roe v. Wade” in una legge federale.
Come guida della comunità cattolica, trovo particolarmente inquietante che così tanti politici dalla parte sbagliata della preminente questione dei diritti umani del nostro tempo siano cattolici che si proclamano tali. Si tratta di una sfida perenne per i vescovi negli Stati Uniti: Quest’estate, abbiamo fatto scalpore discutendo se i funzionari pubblici che sostengono l’aborto debbano ricevere il sacramento dell’Eucaristia [qui]. Siamo stati accusati di inserire in modo inappropriato la religione nella politica, di intrometterci dove non dovremmo.
Io la vedo diversamente. Quando considero quali doveri hanno i vescovi cattolici nei confronti di eminenti laici nella vita pubblica che si oppongono apertamente agli insegnamenti della Chiesa sull’aborto, guardo all’ultimo grande movimento per i diritti umani di questo paese – ancora vivo nella mia memoria – per trarre ispirazione su come dovremmo rispondere.
L’esempio dell’arcivescovo di New Orleans Joseph Rummel, che ha coraggiosamente affrontato i mali del razzismo, è uno di quelli che ammiro particolarmente. Rummel non “si è fatto gli affari suoi”. A differenza di molti altri vescovi nel corso della storia di questo paese, non ha dato la priorità al mantenimento della felicità dei parrocchiani e del pubblico rispetto al progresso della giustizia razziale. Ha iniziato, invece, una lunga e paziente campagna di persuasione per cambiare le opinioni dei bianchi cattolici favorevoli alla segregazione.
Nel 1948 ammise due studenti neri al seminario Notre Dame di New Orleans. Nel 1951, ordinò la rimozione dei cartelli “bianchi” e “di colore” dalle chiese cattoliche dell’arcidiocesi. In una lettera pastorale del 1953, ordinò la fine della segregazione in tutta l’arcidiocesi di New Orleans, dicendo ai cattolici bianchi che, poiché i loro “fratelli cattolici di colore condividono… la stessa vita spirituale e lo stesso destino”, non poteva esserci “nessuna ulteriore discriminazione o segregazione nei banchi, al banco della Comunione, al confessionale e nelle riunioni parrocchiali”.
Nel 1955, Rummel chiuse una chiesa per il rifiuto di accettare un prete nero. In una lettera pastorale del 1956, dichiarò: “La segregazione razziale come tale è moralmente sbagliata e peccaminosa perché è una negazione dell’unità e della solidarietà della razza umana come concepita da Dio nella creazione di Adamo ed Eva”. Il 27 marzo 1962, Rummel annunciò formalmente la fine della segregazione nelle scuole cattoliche di New Orleans.
Molti cattolici bianchi erano furiosi per questa rottura dello status quo segregazionista radicato da lungo tempo. Organizzarono proteste e boicottaggi. Rummel inviò pazientemente lettere che esortavano ad una conversione del cuore, ma era anche disposto a minacciare con la scomunica gli oppositori della desegregazione.
Il 16 aprile 1962 andò fino in fondo, scomunicando un ex giudice, un noto scrittore e un coordinatore della comunità segregazionista. Due dei tre in seguito si sono pentiti e sono morti in fama di buoni cattolici. Era sbagliato? Si trattava di fare dell’Eucarestia un’arma? No. Rummel ha riconosciuto che una difesa pubblica influente e di alto profilo del razzismo era scandalosa: violava gli insegnamenti cattolici fondamentali e i principi basilari della giustizia, e portava anche altri a peccare.
Nel nostro tempo, quale potrebbe essere una “negazione dell’unità e della solidarietà del genere umano” più vergognosa dell’aborto? L’aborto uccide un essere umano unico e insostituibile che cresce nel grembo di sua madre. Chiunque sostenga l’aborto, nella vita pubblica o privata, chi lo finanzia o chi lo presenta come scelta legittima, si rende partecipe di un grande male morale.
Dalla decisione Roe, più di 60 milioni di vite sono state perse a causa dell’aborto. Molti altri milioni sono stati segnati da questa esperienza, vittime ferite ignorate dalla società.
L’aborto è quindi la sfida dei diritti umani più pressante del nostro tempo. Possiamo noi pastori parlare sottovoce quando il sangue di 60 milioni di bambini americani innocenti chiede giustizia? Quando le loro madri sono condannate al silenzio, soffrendo segretamente le ferite della cultura della “scelta”?
Sì, con la stessa forza dobbiamo parlare per queste madri, e dei nostri obblighi di fornire nuove e generose opzioni alle donne che affrontano gravidanze in crisi. E il Texas ha capito bene: Lo stato sta investendo 100 milioni di dollari per aiutare le madri finanziando centri di gravidanza, agenzie di adozione e case di maternità e fornendo servizi gratuiti tra cui consulenza, aiuto alla genitorialità, pannolini, latte artificiale e formazione al lavoro per le madri che vogliono tenere i loro bambini.
Non si può essere un buon cattolico e sostenere l’espansione di un diritto approvato dal governo di uccidere esseri umani innocenti. La risposta alle gravidanze in crisi non è la violenza ma l’amore, sia per la madre che per il bambino.
Non sono certo affermazioni inappropriate per un pastore. Semmai, la risposta dei leader politici cattolici alla situazione in Texas evidenzia la necessità di affermarle ancora più forte.
Salvatore J. CordileoneArcivescovo cattolico di San Francisco
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
Nessun commento:
Posta un commento