martedì 21 settembre 2021

Dov'è Pietro?

Nella nostra traduzione da National Review alcune puntualizzazioni interessanti. Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati in ordine alla Traditionis Custodes.
I critici della Messa tradizionale innalzano l'autorità fine a se stessa (1)

La Loggia delle Benedizioni dietro la statua di San Pietro
in Piazza San Pietro in Vaticano nel 2013 
(Max Rossi/Reuters)
L'Arcivescovo cattolico romano di Liverpool, Mons Malcolm McMahon, ha fatto un intervento molto curioso nel dibattito sulla liturgia latina tradizionale della Chiesa, che Papa Francesco ha recentemente cercato di sopprimere in un documento dal titolo “Custodi della tradizione”.

In una brevissima lettera alla sua diocesi, l'arcivescovo McMahon ha scritto qualcosa su cui vale la pena riflettere a lungo:
Una cosa che ha infastidito molti cattolici è che coloro che sono devoti ai vecchi modi di culto spesso si definiscono "tradizionali". Penso che abbiano dirottato la parola per uso personale. Papa Francesco ha rivendicato la “tradizione” mondiale affermando chiaramente che i vescovi sono i custodi della tradizione. La tradizione ha un significato particolare in teologia, si riferisce a san Paolo quando dice che ci trasmette ciò che ha ricevuto. In altre parole, la tradizione è un concetto vivente, non qualcosa bloccato nel passato. La Messa che celebro quotidianamente è quella che ho ricevuto da Papa San Paolo VI e da Papa San Giovanni Paolo II ed è quindi la Messa “tradizionale”. La puntualizzazione che sto facendo è più della semplice semantica; si tratta della vita stessa della Chiesa.
In effetti, penso che l'arcivescovo abbia inconsapevolmente dimostrato una sottile verità sulla moderna Chiesa cattolica, che l'autoconcezione della chiesa è ora un serpente che si morde la coda. I vecchi catechismi dicevano che c'erano tre fonti autorevoli nel cattolicesimo: le scritture, la tradizione e il magistero della chiesa (2). E insieme, questi conservano per noi il deposito della fede consegnato agli apostoli da nostro Signore. Ma nel racconto dell'arcivescovo, la chiesa non esiste per il Vangelo, ma per se stessa. La sua autorità è insegnare che ha autorità per insegnare. Avanzo l'ipotesi che questo errore possa essersi insinuato nella chiesa solo a causa della riforma liturgica.

Ad agosto ho scritto due brevi saggi sulla messa in latino e sul tentativo di papa Francesco di revocare il permesso ai sacerdoti di celebrarla. Uno è apparso sul New York Times e l'altro qui su National Review. Entrambi sono usciti mentre non ero in sede, e non ho potuto rispondere alle numerose critiche a questi saggi. Alcune critiche possono essere respinte facilmente. C'è chi mi accusa di aver commesso il peccato perenne di confondere la riforma costante della Chiesa, con la corruzione, e la ricerca di una Cristianità “pura”. Tutto quello che posso fare è puntare di nuovo alle fonti teologiche e liturgiche antiche che proprio in questi stessi termini promossero la nuova Messa, come un modo per recuperare la nobile semplicità della chiesa primitiva dalla corruzione tridentina.

A una critica si può rispondere con relativa facilità. In un articolo sul blog Where Peter Is, Rachel Amiri e Mike Lewis fanno notare che portavo avanti l'argomento dell'arcivescovo Marcel Lefebvre e di altri tradizionalisti nel senso che le riforme del Concilio Vaticano II miravano a rompere con la tradizione e sono state adottate per distaccare i Cattolici da certe credenze sulla Messa stessa. Ho anche sostenuto che il tentativo di Papa Francesco di sopprimere la Messa spingerebbe i tradizionalisti verso questa convinzione. “Come può Francesco spingere qualcuno a credere a qualcosa in cui già crede?” loro chiedono.

Ebbene, quello che forse non è emerso in quel saggio è che la mia visione - la lettura lefebvriana della storia recente - è stata trasformata in una visione minoritaria nel movimento tradizionalista dal gesto di buona volontà di Papa Benedetto nel 2007. Ho descritto le mie opinioni come un radicalismo assorbito prima del Summorum Pontificum. Dopo il 2007, le parrocchie che hanno celebrato la Messa tradizionale tendevano ad essere frequentate da persone che pensavano con Papa Benedetto che non vi fosse contraddizione tra la moderna Forma Ordinaria del Rito Romano e la "Forma Straordinaria" tradizionale. L'esperienza di pace tra questi riti tendeva a rafforzare quella visione. La stragrande maggioranza dei sacerdoti che nel 2007 hanno usufruito del permesso di Benedetto celebra anche la nuova Messa; non può darsi dimostrazione più chiara della loro sintonia con l'idea benedettina dell'ermeneutica della continuità. Dichiarando nuovamente guerra alla vecchia Messa, Francesco rende insostenibile il terreno comune della posizione di Benedetto e rende più credibile la posizione lefebvriana.

Papa Francesco, infatti, ha continuato a paragonare il permesso di dire sia la Messa antica che quella nuova ad una forma di “biritualismo”. Questo ha un significato molto preciso e delegittima esplicitamente la formula benedettina di chiamare la tradizionale messa latina “la forma straordinaria” del rito romano, e la moderna messa in volgare come “la forma ordinaria” di quello stesso rito. Insinuando che i sacerdoti che celebrano entrambi i riti sono bi-ritualisti - termine normalmente usato per indicare un sacerdote che ha il permesso di celebrare sia il rito romano che la liturgia di rito bizantino - Francesco presuppone qualcosa che persino l'arcivescovo Lefebvre ha evitato di dire: e cioè che dopo il Concilio Vaticano II il Rito Romano non era stato riformato, ma sostituito da tutt'altro. Se papa Francesco può buttare via l'ermeneutica della continuità, su quali basi i sostenitori dell'attuale pontificato possono obbligarmi a restargli fedele?

Amiri e Lewis continuarono scrivendo che il mio saggio era “l'ultimo e più importante elemento di prova che giustifichi la necessità” della soppressione da parte di Francesco della Messa tradizionale in latino. Molti altri hanno fatto osservazioni simili allora e dopo. Qualsiasi peccato nella mia vita - ne ho molti che sono evidenti sia agli amici che ai nemici - o qualsiasi affermazione teologica nel mio editoriale che potrebbe essere interpretata come un errore (sia con letture generose che tendenziose) è stata tirata fuori per dimostrare il difetto fondamentale dello stesso movimento tradizionalista.

Ben strano argomento! Perché a decine di migliaia — forse milioni — di cattolici dovrebbe essere negato qualcosa già loro diritto a causa dei peccati di un solo uomo? E inoltre si può lanciare una pietra per colpire gli innumerevoli cattolici che frequentano regolarmente la Messa tradizionale, che non sono d'accordo con le mie opinioni o che non hanno apprezzato il modo in cui le ho espresse?

A chi fa questo ragionamento non viene mai in mente di dire: “Joe Biden crede che l'aborto dovrebbe essere legale; questo dimostra il problema fondamentale della liturgia moderna”. Perchè no? Io me ne esco e dico candidamente che penso che il papa abbia commesso un errore. Questo mi sembra normale perché, essendo cattolico, mi è stato insegnato che nella maggior parte delle situazioni il papa non è protetto da una garanzia di infallibilità. Ma i sostenitori di Francesco usano la critica stessa come prova in un processo in cui si è già deciso che la condanna sia inflitta collettivamente, non solo a me. Teologi modernisti come Edward Schillebeeckx usavano espressioni assolutamente scabrose riguardo ai pontificati di Paolo VI e Giovanni Paolo II, vedendo in loro un tradimento dello spirito del Vaticano II. Perché la mia critica è presa come emblematica della Messa tradizionale, ma quelle di Schillebeeckz sono considerate del tutto eccezionali, emblematiche di niente in particolare? La mia tesi secondo cui la nuova Messa comunica e produce questo dissenso non viene mai accolta e confrontata; semplicemente vien fatta scivolare via.

Direi che ciò diventa possibile solo quando si aderisce al positivismo papale. Se lo dice il papa, deve essere vero. Molti conservatori hanno inconsapevolmente preso a fondamento questo errore quando, sulla scia del Concilio, hanno si sono concentrati sul documento Humane Vitae di papa Paolo VI e sui pronunciamenti papali di Giovanni Paolo II come la prima – forse unica – manifestazione del dogma dell'indefettibilità della chiesa. Invece di seguire l'antica formula di San Vincenzo di Lérins, "Noi aderiamo a quella fede che è stata creduta ovunque, sempre, da tutti", gli apologeti moderni tendono a guardarsi intorno e ad orientarsi, beh, "Dove è Pietro".

Quando si guarda indietro alla storia cattolica, è più facile vedere quanto sia distorto questo iper-papalismo. Quando invece si guarda alle grandi opere teologiche del passato, come la Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino, o le Sentenze di Pietro Lombardo, raramente esse citano una dichiarazione papale a meno che quel papa non fosse lui stesso un grande teologo. Certamente non fanno quello che facciamo noi adesso. I catechismi moderni traboccano di citazioni degli ultimi quattro o cinque pontificati, molte delle quali enigmatiche e poco chiare. Il papato stesso è sempre più trattato come una sorta di autorità indipendente e semioracolare. Registriamo quindi l'assoluto scandalo che durante la vita di mio suocero, i catechismi cattolici abbiano articolato tre diversi - e contraddittori - insegnamenti sulla giustizia della pena di morte. La stessa incoerenza emerge dalla soppressione della Messa latina da parte di Papa Francesco, che chiaramente travisa e distorce il ragionamento di Papa Benedetto sul permesso, prima di contraddire apertamente il ragionamento religioso di Benedetto per mantenerlo. Benedetto ha scritto che la vecchia Messa non poteva essere vietata “all'improvviso”. È proprio quello che ha fatto Francesco.
Michael Brendan Dougherty
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
___________________________________
Nota di Chiesa e post-concilio
1. Il ruolo dell’autorità è quello di unificare la comunità e dirigere verso Dio, che è il centro della vita di ognuno e di tutti e verso le verità rivelate custodite nel Depositum fidei. L’autorità non è fine a se stessa e presuppone anche un’obbedienza non fine a se stessa che, diversamente, diventerebbe un modo per scansare le responsabilità e sembrare santi.
2. Vedi Mons. Brunero Gheradini [qui]: Il riconoscimento delle due fonti della Fede cattolica – «la teoria delle due fonti (Scrittura e Tradizione -ndr), una indipendente dall’altra ma ambedue collegate insieme dal Magistero ecclesiastico nell’unità di un’unica e medesima Fede» – allontana la tentazione di menomare alcune verità di Fede, ad esempio i dogmi mariani, dedotti dalla Tradizione e non dalla Sacra Scrittura. Una tendenza rovinosa, che si è impadronita del pensiero degli ermeneuti della discontinuità, suggestionati e infatuati dall’errore intorno alla sola scriptura dettato dalla rabbia antiromana a Martin Lutero.

1 commento:

  1. Reazione di Padre Pio all’aggiornamento degli ordini religiosi voluta dal Vaticano II.
    Le seguenti citazioni provengono da un libro che ha avuto l’imprimatur: «Nel 1966, il Padre Generale dei Francescani venne a Roma un po’ prima del capitolo speciale che doveva trattare delle costituzioni, al fine di chiedere le sue preghiere e benedizioni a Padre Pio. Incontrò Padre Pio nel chiostro. “Padre, sono venuto per raccomandare alle vostre preghiere il capitolo speciale per le nuove costituzioni….”. Aveva appena pronunciato le parole “capitolo speciale” e “nuovi costituzioni” che Padre Pio fece un gesto violento ed esclamò: “Tutto ciò è solamente un non senso distruttore”. “Ma, Padre, dopo tutto, bisogna tenere conto delle giovani generazioni… i giovani si evolvono secondo le loro mode… ci sono dei bisogni, delle nuove richieste….”. “La sola cosa che manca, disse il Padre, sono l’anima e il cuore, sono tutto, intelligenza e amore”. E partì per la sua cella, si rigirò e disse, puntando il suo dito: “Non dobbiamo snaturarci, non dobbiamo snaturarci! Al giudizio del Signore, San Francesco non ci riceverà come suoi figli”! Un anno dopo, la stessa scena si ripeté all’epoca dell’aggiornamento dei cappuccini.

    RispondiElimina