giovedì 16 marzo 2023

Il Timore e la Fortezza - Terza parte

Militia est vita hominis super terram, dice un versetto del libro di Giobbe. E alla frase dell'Antico Testamento così risponde la celebre sentenza di Seneca: vivere militare est. Di fatto noi, in quanto Milites Christi, apparteniamo alla Chiesa Militante on attesa di far parte, a Dio piacendo, di quella Purgante e Trionfante.

Il Timore e la Fortezza

Terza parte
di Don Curzio Nitoglia

Prima parte
Seconda parte
Terza parte
Quarta parte

MILITIA EST VITA HOMINIS SUPER TERRAM
La vita dell’uomo è una battaglia” diceva Giobbe. Noi stessi costatiamo che in questa vita vi sono certamente delle gioie, ma anche molte sofferenze da affrontare. Tuttavia, vi è un rimedio per sormontare facilmente ogni difficoltà: dobbiamo attraversare la via di questo mondo, che conduce all’eternità, con Fortezza, tenendo soavemente la mano di Dio, ossia, vivendo in grazia di Dio e pensando continuamente che Dio abita nella nostra anima e si prende cura di noi.
Se non ci lasciamo sopraffare dalle preoccupazioni di questo mondo, ma le affrontiamo coscienti di essere tenuti per mano da Dio, che passo dopo passo ci fortifica e ci conduce sino alle soglie dell’eternità, allora tutto si semplifica e si ottiene la pace dell’anima e la fiducia nella divina Provvidenza.

Ciò ci aiuta a sopportare la monotonia della vita quotidiana con gioia e amore della Volontà di Dio, il quale permette le oscurità dello spirito, le tribolazioni fisiche, le persecuzioni e gli abbandoni che fanno parte della vita umana. Se la vita non fosse un po’ monotona, ci attaccheremmo troppo a essa, ecco perché Dio permette che la monotonia di tanto in tanto si affacci e poi scompaia nella nostra esistenza. Coloro che si gettano nell’azione (anche apostolica) eccessiva (l’eresia dell’azione o attivismo sfrenato) amano più la loro volontà e il loro modo di agire che la Volontà divina e la sua Provvidenza.

La perfetta salute, il successo, le ricchezze e i piaceri non sono gli “amici” che ha scelto Gesù per Se stesso e quindi neppure per noi. Egli ha amato la povertà, la sofferenza e le persecuzioni, le umiliazioni e noi pure dovremmo amarle, ma solo con l’aiuto della Sua grazia possiamo e dobbiamo farlo. L’ostacolo maggiore alla pace dell’anima è il porre la nostra volontà in opposizione alla Sua. La santità consiste nel fare la Volontà di Dio.

Il guaio è che noi crediamo in teoria alla Provvidenza divina, ma in pratica dubitiamo che Dio si prenda cura di noi in ogni nostra azione e allora proviamo l’inquietudine o perdiamo la pace e la quiete dell’anima. Perciò, dobbiamo accettare, con Fortezza, ogni circostanza esterna a noi con piena fiducia in Dio e occuparci solo di ciò che avviene dentro la nostra anima e specialmente nella nostra volontà, la quale sola può renderci buoni o cattivi agli occhi di Dio. Quel che dicono, fanno, pensano gli altri di noi, attorno a noi non deve minimamente riguardarci, il nostro unico Giudice è solo Dio.

Sforziamoci allora di entrare in contatto con Dio, conoscerLo, amarLo e parlare con Lui nella meditazione, poiché Egli per primo ci conosce, ama e ci parla, se non Lo “sentiamo” è solo perché siamo assorbiti dai rumori e preoccupazioni del mondo e del nostro amor proprio. Se riusciamo a fare il silenzio attorno a noi ed entrare in contatto con Dio allora avremo l’impulso spontaneo a sormontare le difficoltà, a sopportare i mali e a tendere la nostra mano verso Lui, affinché ci guidi nelle oscurità e nei pericoli di questa vita.
La S. Scrittura più volte ci esorta a “gettare in Dio tutte le nostre preoccupazioni, perché Egli si prende cura di noi” (I Petr., V, 7). Quello che ci manca è la convinzione ferma, forte e pratica di quest’aiuto costante, anche se invisibile, di Dio verso di noi.

San Pietro camminava serenamente sulle acque verso Gesù, mentre teneva lo sguardo fisso su di Lui, ma nel momento stesso in cui smise di guardare Gesù per ripiegarsi su se stesso, mancando alla Fortezza, sprofondò tra le onde. Noi, perciò, non dobbiamo fare come Pietro, ma dobbiamo guardare Gesù e non noi stessi o i pericoli tra cui camminiamo, allora giungeremo felicemente, speditamente, sicuramente in porto grazie alla Fortezza e all’aiuto di Dio e soprattutto ai sette Doni dello Spirito Santo.

SI VIS PACEM PARA BELLUM
Se la scelta delle circostanze della vita e delle creature che ci stanno attorno dipendesse da noi, allora sceglieremmo ciò che ci piace e non ciò che è bene per la nostra anima. La vita cristiana è un andare continuamente controcorrente, se pensiamo alle onde (il mondo, la carne e il demonio) che ci avvolgono siamo perduti, dobbiamo aver fiducia nel soccorso del braccio di Dio e risalire, con Fortezza, la corrente avversa, come fanno i salmoni, che nuotano controcorrente.

Se ci chiediamo perché siamo al mondo, soprattutto quando le difficoltà si fanno sentire maggiormente, non possiamo che rispondere: “Siamo qui unicamente perché Dio ci ha amato, ci ha creato e desidera essere riamato da noi”. Perciò, nulla può preoccuparci, Dio ci porta per mano e, se occorre, ci solleva tra le sue braccia. Purtroppo Dio cerca, in ogni momento, di avvicinarci maggiormente a Lui e noi cerchiamo di tirarci indietro, come Giona. Se siamo scontenti, significa che - almeno in pratica se non addirittura in teoria - ci rivoltiamo contro la Volontà di Dio. Se siamo troppo ansiosi di progredire e pecchiamo di perfezionismo o “angelismo” significa che cerchiamo più la nostra volontà che quella di Dio. “Il troppo storpia” e “ogni eccesso è un difetto”. Se Dio non desidera un progresso più rapido per noi, anche noi dobbiamo accettarlo.

Il dominio del nostro temperamento, che ci aiuta a vivere la Virtù di Fortezza, è la chiave del successo per giungere alla Santità: sopportare (“sustinere”): l’abbattimento, la mancanza di grande Fiducia, lo scoraggiamento, i nostri difetti è il cuore della vita virtuosa. Dobbiamo aver pazienza con noi stessi quando sperimentiamo il nostro nulla, la nostra debolezza, i nostri limiti e deficienze e continuare ad agire, lottando fortemente contro gli ostacoli, per amor di Dio nonostante la pochezza del nostro essere e delle nostre azioni. Lo stesso vale per la sopportazione degli altri.

Tuttavia, dobbiamo fare attenzione a non cercare eccessivamente le comprensioni degli altri. Quanta più consolazione riceviamo dalle creature tanto meno ne riceviamo da Dio, Egli ama il cuore solitario, che è vuoto di ogni altro amore, ossia che ama Dio al disopra di tutto. Soprattutto Egli vuole la nostra volontà più che la nostra intelligenza, specialmente nella preghiera. È vero che “nulla è voluto se prima non è conosciuto”, ma è altrettanto vero che “se non voglio conoscere, non arrivo a conoscere”.

RIASSUMENDO
La ragione principale che c’impedisce di diventar Santi sono gli ostacoli che frapponiamo volontariamente, per mancanza di Fortezza, alla divina Volontà la quale desidera la nostra santificazione. Se la nostra anima o meglio le sue facoltà sono deboli e malate, domandiamo a Dio di essere guariti e certissimamente Egli le guarirà. Tuttavia, ci vuole molta Fede e una grande Speranza. Non esiste il “caso disperato” per la divina Onnipotenza, non c’è nessun difetto spirituale senza rimedio.
Quelli fisici Dio li permette per il bene dell’anima. Dio vuole la nostra volontà, la nostra pace interiore, la sua azione su di noi produce il bene e la felicità dell’animo: abbandonarsi alla presenza di Dio nel nostro spirito è la cosa più “bene-facente” per la nostra esistenza.

Dio ha creato il nostro animo per amore e perché noi Lo riamiamo. La vita spirituale consiste nel governare o dirigere con Fortezza la nostra volontà verso il suo vero Fine ultimo che è Dio amato, conosciuto e servito. Dobbiamo fare attenzione ai motivi che ispirano le nostre azioni, se siano solo l’amor di Dio oppure l’amor proprio. Tuttavia, il nostro esame di coscienza non deve essere inquieto, agitato, desideroso di avere tutto e sùbito. Uno dei frutti dello Spirito Santo è la Pace, la quale ci aiuta a pregare e agire con calma e facilità, ma soprattutto a sopportare (“sustinere”) le avversità senza l’inquietudine, l’ansia e il timore che sono la rovina della vita spirituale e con Pazienza, che ne è la salvezza. Perciò, dobbiamo cercare nella vita spirituale la quiete che è l’uniformità al divino Volere. Se la nostra anima è sottomessa a Dio e il nostro corpo all’anima, allora siamo nella vera pace.

La pace interiore la si acquista con la calma e la tranquillità, senza fissarci un tempo esatto entro cui acquistarla e senza affrettarci per ultimarla. Dobbiamo aspettare tranquillamente la grazia dello Spirito Santo, e cooperare con essa senza lasciarci prendere da sforzi febbrili che antepongono l’azione umana alla Grazia divina. Il segreto di una buona vita spirituale è non fare affidamento principalmente su noi stessi, su ciò che sappiamo e facciamo, ma nello starcene alla presenza di Dio, che abita nell’anima dei giusti per conoscerlo e amarlo sempre più e parlare con Lui alla familiare, durante la meditazione, “come un amico parla con l’amico” (S. Ignazio di Loyola), spogli di ogni eccessiva sollecitudine.

Non si può amare mai troppo Dio. Invece, si può amare troppo il prossimo. Se il nostro amore per il prossimo non è regolato e ordinato all’amor di Dio può condurci alla perdizione, esponendoci a mille pericoli mentre pensiamo di edificare gli altri. Perciò, amiamo il prossimo per amor di Dio, ma senza danneggiare la nostra anima, non ci si può fare zelatori delle anime sino a perdere la propria: “Prima Caritas sibi!”.

Offriamo, dunque, a Dio il nostro spirito, senza presumere di noi stessi e senza timidezza, restando alla Sua presenza come poveri mendicanti, che nulla hanno, ma tutto chiedono a Dio per poterlo poi seguire nel compimento della Sua Volontà. Teniamo sempre bene a mente che l’essenziale della vita spirituale consiste nel dipendere in tutto da Dio senza preoccupazioni umane.

Per concludere
Oggi, in questo mondo in cui il male trionfa e Satana regna, la paura delle critiche o degli scherni dei mondani (“rispetto umano”) ci porterebbe a tralasciare il nostro dovere per paura dei giudizi sfavorevoli che si farebbero contro di noi, delle minacce, delle calunnie, delle ingiurie, delle denunce, delle ingiustizie e della solitudine di cui potremmo essere vittime.

San Flippo Neri, diceva ai suoi giovani: “Sperne nullum, sperne teipsum, sperne se sperni / Non disprezzare nessuno, disprezza te stesso, disprezza di essere disprezzato”.

Perciò, occorre educare la volontà - con la Virtù di Fortezza e l’aiuto del Dono di Fortezza - a disprezzare l’opinione dei mondani e a seguire le proprie sane convinzioni senza paura dei malvagi, il timore di dispiacere agli amici e ai parenti, che è peggiore di quello di dispiacere ai nemici. San Paolo scriveva: “Si hominibus placerem, servus Christi non essem / Se piacessi agli uomini, non sarei un vero servo di Cristo” (Gal., I, 10).

La vera devozione alla Madonna (come ci è stata insegnata da san Luigi Maria Grignion de Montfort) ci aiuta a vuotarci di noi e a far venire Gesù con la sua Fortezza a vivere in noi: “Vivo jam non ego, sed Christus vivit in me / Non sono più io a vivere, ma Cristo vive in me” (Gal., II, 20).

Bisogna evitare il timore eccessivo della cattiva riuscita e di sbagliare che ci porterebbe all’indecisione, all’irresolutezza, all’inattività apaticamente vile e a sbagliare sicuramente dacché “la paura è madre degli eventi”.

L’«Horror difficultatis et labor certaminis / La paura della difficoltà e la stanchezza della lotta» sono pericolose e bisogna contrattaccare con la Virtù di Costanza e di Pazienza nel lottare e soffrire sino alla fine, con animo sereno, senza gli scoraggiamenti che ci porterebbero a preferire i piaceri alle scomodità e alle fatiche.

La diffidenza di noi e la totale Fiducia in Dio Onnipotente e Misericordioso sono la medicina che guarisce la nostra debolezza e rinvigorisce in noi la Virtù della Fortezza. Infatti, la “nostra” Fortezza non proviene da noi, però ci viene data da Dio. Quindi dobbiamo domandarla a Lui, riconoscendo la nostra impotenza, ma sicuri del suo aiuto: “Omnia possum in Eo qui me confortat / Posso tutto in Colui che mi rafforza” (Fil., IV, 13).

Una volontà forte, energica e tenace arriva a vincere le cattive inclinazioni del nostro carattere, che provengono dal peccato originale, dai nostri peccati attuali e dall’ambiente in cui siamo vissuti e viviamo. Bisogna, però cercare di correggersi seriamente dai nostri difetti. Non basta un apatico “vorrei”, ma occorre un energico “voglio”.

Dove manca la volontà e la forza di volontà manca anche l’uomo o il Vir. Si arriva al pieno possesso di noi stessi solo con la ferma volontà. Tuttavia, essa deve essere completata dalla “bontà di cuore” per non degenerare in intransigenza rigida e in fredda e lucida testardaggine crudelmente disumana.

La formazione del buon carattere è la rude fatica di tutta la vita e la si ottiene solo con una lotta continua con noi stessi e le nostre cattive tendenze.

Dobbiamo soprattutto credere alle promesse di Cristo di mandarci lo Spirito di Fortezza, che conforterà la Chiesa e i Cristiani tutti i giorni sino alla fine del mondo (Giov., XIV, 16). Guai se la Forza di Dio non fosse presente in noi! Lo Spirito Paraclito disciplina le passioni umane, trasforma la nostra volontà ferita dal peccato originale e inclinata al male, vince la paura e tempera l’audacia.

La Fortezza e il Dono di Fortezza ci fanno vincere ogni “timor mundanus”, ogni paura di apparire meno capaci, intelligenti, bravi dinanzi ai mondani, come pure ogni viltà dovuta al quieto vivere. Essi ci fanno superare tutte le mollezze, le indecisioni e ci rendono granitici davanti alle prove che bussano alla nostra porta.

Continua

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