domenica 1 gennaio 2023

1° gennaio - Circoncisione di nostro Signore e Ottava di Natale

1° gennaio - Circoncisione di nostro Signore 
e Ottava di Natale

Intróitus
Is. 9, 6 - Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis, cuius impérium super húmerum eius: et vocábitur nomen eius magni consílii Ángelus.
Ps. 97, 1 - Cantáte Dómino cánticum novum: quia mirabília fecit. Glória Patri…
Is. 9, 6 - Puer natus est nobis…

Orátio
Deus, qui salútis ætérnæ, beátæ Mariæ virginitáte foecúnda, humáno géneri præmia præstitísti: tríbue, quæsumus: ut ipsam pro nobis intercédere sentiámus, per quam merúimus auctórem vitæ suscípere, Dóminum nostrum Iesum Christum Fílium tuum: Qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
 M. - Amen.
Introito
Isaia 9, 6 - Ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio, il cui impero poggia sugli ómeri suoi: e il suo nome sarà: Angelo del buon consiglio. Sal. 97, 1 - Cantate al Signore un cantico nuovo: perché ha fatto cose mirabili. Gloria al Padre… Isaia 9, 6 - Ci è nato un bambino…

Colletta
O Dio, che mediante la feconda verginità della beata Maria, hai conferito al genere umano il beneficio dell’eterna salvezza: concédici, Te ne preghiamo: di sperimentare in nostro favore l’intercessione di Colei per mezzo della quale ci fu dato di ricevere l’autore della vita: il Signore nostro Gesù Cristo, tuo Figlio: Che è Dio, e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. M. - Amen.
Il mistero di questo giorno
L’ottavo giorno dalla Nascita del Salvatore è giunto; i Magi si avvicinano a Betlemme; ancora cinque giorni, e la stella a fermerà sul luogo dove riposa il Bambino divino. Oggi, il Figlio dell’Uomo deve essere circonciso, e segnare, con questo primo sacrificio della sua carne innocente, l’ottavo giorno della sua vita mortale. Oggi gli sarà imposto un nome; e questo nome sarà quello di Gesù che vuol dire Salvatore. I misteri riempiono questo grande giorno; accogliamoli, e onoriamoli con tutta la religione e con tutta la tenerezza dei nostri cuori.
Ma questo giorno non è soltanto consacrato a onorare la Circoncisione di Gesù; il mistero della Circoncisione fa parte di un altro ancora maggiore, quello dell’Incarnazione e dell’Infanzia del Salvatore; mistero che non cessa di occupare la Chiesa non solo durante questa Ottava, ma anche nei quaranta giorni del Tempo di Natale. D’altra parte, l’imposizione del nome di Gesù deve essere glorificata con una solennità speciale, che presto celebreremo. Questo grande giorno fa posto ancora a un altro oggetto degno di commuovere la pietà dei fedeli. Tale oggetto è Maria, Madre di Dio. Oggi, la Chiesa celebra in modo speciale l’augusta prerogativa della divina Maternità conferita a una semplice creatura, cooperatrice della grande opera della salvezza degli uomini.
Non stupiamo dunque che la Chiesa esalti con tanto entusiasmo Maria e le sue grandezze. Comprendiamo al contrario che tutti gli elogi che essa può farle, tutti gli omaggi che può tributarle nel suo culto, rimangono sempre molto al di sotto di ciò che è dovuto alla Madre del Dio incarnato. Nessuno sulla terra arriverà mai a descrivere e nemmeno a comprendere quanta gloria racchiuda tale sublime prerogativa. Infatti, derivando la dignità di Maria dal fatto che è Madre di Dio, sarebbe necessario, per misurarla in tutta la sua estensione, comprendere prima la Divinità stessa. È a un Dio che Maria ha dato la natura umana; è un Dio che Ella ha per Figlio; è un Dio che si è onorato, di esserle sottomesso, secondo l’umanità. Il valore di così alta dignità in una semplice creatura non può dunque essere stimato se non riavvicinandolo alla suprema perfezione del grande Dio che si degna così di mettersi sotto la sua dipendenza. Prostriamoci dunque davanti alla Maestà del Signore; e umiliamoci davanti alla suprema dignità di colei che Egli si è scelta per Madre.
Se consideriamo ora i sentimenti che tale situazione ispirava a Maria riguardo al suo divin Figlio, rimarremo ancora confusi dalla sublimità del mistero. Quel Figlio che Ella allatta, che tiene fra le braccia, che stringe al cuore, lo ama perché è il frutto del suo seno; lo ama, perché è madre, e la madre ama il figlio come se stessa e più di se stessa; ma se passa a considerare la maestà infinita di Colui che si affida così al suo amore e alle sue carezze, trema e si sente quasi venir meno, fino a che il suo cuore di Madre la rassicura, al ricordo dei nove mesi che quel Bambino ha passato nel suo seno, e del sorriso filiale con il quale le sorrise nel momento in cui lo diede alla luce. Questi due grandi sentimenti, della religione e della maternità, si confondono in quel cuore su quell’unico e divino oggetto. Si può immaginare qualcosa di più sublime di questo stato di Maria Madre di Dio? E non avevamo ragione di dire che, per comprenderlo in tutta la sua realtà, bisognerebbe comprendere Dio stesso, il solo che poteva concepirlo nella sua infinita sapienza, e realizzarlo nella sua infinita potenza?
Madre di Dio! Ecco il mistero per la cui realizzazione il mondo era nell’attesa da tanti secoli; l’opera che, agli occhi di Dio, sorpassava infinitamente, come importanza, la creazione di un milione di mondi. Una creazione non è nulla per la sua potenza; egli dice, e tutte le cose sono fatte. Al contrario, perché una creatura diventasse Madre di Dio, egli ha dovuto non soltanto invertire tutte le leggi della natura col rendere feconda la verginità, ma porsi divinamente egli stesso in apporti di dipendenza, in rapporti di figliolanza riguardo alla fortunata creatura che ha scelta. Ha dovuto conferirle diritti su se stesso, accettare doveri verso di lei; in una parola, farne la Madre sua ed essere suo Figlio.
Da ciò deriva che i benefici di quella Incarnazione che dobbiamo all’amore del Verbo divino, potremo e dovremo, con giustizia, riferirli nel loro significato vero, benché inferiore, a Maria stessa. Se Ella è Madre di Dio, è perché ha consentito ad esserlo. Dio si è degnato non solo di aspettare quel consenso, ma di farne dipendere la venuta del suo figlio nella carne. Come il Verbo eterno pronunciò il FIAT sul caos, e la creazione usci dal nulla per rispondergli; cosi, mettendosi Dio in ascolto, Maria pronunciò anch’Ella il suo FIAT:  sia fatto di me secondo la tua parola; e lo stesso Figlio di Dio ascese nel suo casto seno. Dobbiamo dunque il nostro Emmanuele dopo Dio, a Maria, la sua gloriosa Madre.
Questa necessità indispensabile d’una Madre di Dio, nel piano sublime della salvezza del mondo, doveva sconcertare gli artefici di quell’eresia che voleva distruggere la gloria del Figlio di Dio. Secondo Nestorio, Gesù non sarebbe stato che un uomo; la Madre sua non era dunque se non la madre d’un uomo: il mistero dell’Incarnazione era annullato. Di qui, l’antipatia della società cristiana contro un così odioso sistema. All’unisono, l’Oriente e l’Occidente proclamarono il Verbo fatto carne, nell’unità della persona, e Maria veramente Madre di Dio, Deipara, Theotocos, poiché ha dato alla luce Gesù Cristo. Era dunque giusto che a ricordo della grande vittoria riportata nel concilio di Efeso, e per testimoniare la tenera venerazione dei cristiani verso la Madre di Dio, si elevassero solenni monumenti che avrebbero attestato nei secoli futuri quella suprema manifestazione. Fu allora che cominciò nella Chiesa greca e latina la pia usanza di congiungere, nella solennità di Natale, la memoria della Madre al culto del Figlio. I giorni assegnati a tale commemorazione furono differenti, ma il pensiero di religione era lo stesso.
A Roma, il santo Papa Sisto III fece decorare l’arco trionfale della Chiesa di S. Maria ad Praesepe, la meravigliosa basilica di S. Maria Maggiore, con un immenso mosaico a gloria della Madre di Dio. Quella preziosa testimonianza della fede del V secolo è giunta fino a noi; e in mezzo a tutto l’insieme sul quale figurano, nella loro misteriosa ingenuità, gli avvenimenti narrati dalle Sacre Scritture e i simboli più venerabili, si può leggere ancora la nobile iscrizione con la quale il santo Pontefice dedicava quel segno della sua venerazione verso Maria, Madre di Dio, al popolo fedele: XISTUS EPISCOPUS PLEBI DEI.
Canti speciali furono composti anche a Roma per celebrare il grande mistero del Verbo fattosi uomo da Maria. Magnifici Responsori e Antifone vennero a servire d’espressione alla pietà della Chiesa e dei popoli, e hanno portato quell’espressione attraverso i secoli. Fra questi brani liturgici, vi sono delle Antifone che la Chiesa Greca canta con noi, nella sua lingua, in questi stessi giorni, e che attestano l’unità della fede come la comunità dei sentimenti, davanti al grande mistero del Verbo incarnato.

Messa
La Stazione è a S. Maria in Trastevere. Era giusto che si glorificasse questa Basilica che fu sempre venerabile fra quelle che la pietà cattolica ha consacrate a Maria. È la più antica fra le Chiese di Roma dedicate alla Santa Vergine, e fu consacrata da san Callisto, fin dal secolo III, nell’antica Taberna Meritoria, luogo celebre presso gli stessi autori pagani per la fontana d’olio che ne scaturì, sotto il regno d’Augusto, e scorse fino al Tevere. La pietà dei popoli ha voluto vedere in quell’avvenimento un simbolo del Cristo (unctus) che doveva presto nascere; e la Basilica porta ancora oggi il titolo di Fons olei [1].
EPISTOLA (Tt 2,11-15) Carissimo: Apparve la grazia di Dio nostro Salvatore a tutti gli uomini, e ci ha insegnato a rinunziare all’empietà ed ai mondani desideri, per vivere con temperanza, giustizia e pietà in questo mondo, attendendo la beata speranza, la manifestazione gloriosa del gran Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo: il quale diede se stesso per noi, affine di riscattarci da ogni iniquità e purificarci un popolo tutto suo, zelatore di opere buone. Così insegna ed esorta: in Gesù Cristo Signor nostro.
In questo giorno, nel quale noi facciamo cominciare l’anno civile, i consigli del grande Apostolo vengono a proposito per avvertire i fedeli dell’obbligo che hanno di santificare il tempo che è loro dato. Rinunciamo ai desideri del secolo; viviamo con sobrietà con giustizia e con pietà; e nulla ci distragga dall’attesa della beatitudine che tutti speriamo. Il grande Dio e Salvatore Gesù Cristo, che appare in questi giorni nella sua misericordia per ammaestrarci, ritornerà nella sua gloria per ricompensarci. Il progredire del tempo ci avverte che il giorno si avvicina; purifichiamoci e diventiamo un popolo accetto agli occhi del Redentore, un popolo intento alle opere buone.
VANGELO (Lc 2,21) In quel tempo: Come passarono gli otto giorni per la circoncisione del fanciullo, gli fu posto nome Gesù, com’era stato chiamato dall’Angelo prima che nel seno materno fosse concepito.
Il Bambino è circonciso; non appartiene più soltanto alla natura umana, ma diventa, per tale simbolo, membro del popolo eletto e consacrato al divino servizio. Egli si sottomette a quella cerimonia penosa, a quel segno di servitù, per compiere ogni giustizia. Riceve in cambio il nome di Gesù, nome che vuol dire Salvatore; Egli ci salverà dunque, ma ci salverà con il suo sangue. Ecco la volontà divina accettata da lui. La presenza del Verbo incarnato sulla terra ha per fine un sacrificio, e questo sacrificio comincia già. Potrebbe essere pieno e perfetto con quella sola effusione del sangue d’un Dio-Uomo; ma l’insensibilità del peccatore, del quale l’Emmanuele è venuto a conquistare l’anima, è così profonda che i suoi occhi contempleranno troppo spesso, senza che egli si commuova, l’abbondanza del sangue divino che è scorso sulla croce. Le poche gocce del sangue della circoncisione sarebbero bastate alla giustizia del Padre, ma non bastano alla miseria dell’uomo; e il cuore del divino Bambino vuole soprattutto guarire questa miseria. Per questo appunto Egli viene; e amerà gli uomini fino all’eccesso, perché non vuole portare invano il nome di Gesù.

* * *
Consideriamo, in questo ottavo giorno dalla Nascita del divino Bambino, il grande mistero della Circoncisione che si opera nella sua carne. Oggi la terra vede scorrere le primizie del sangue che deve riscattarla; oggi il celeste Agnello, che deve espiare i nostri peccati, comincia a soffrire per noi. Compatiamo l’Emmanuele, che si offre con tanta dolcezza allo strumento che deve imprimergli un segno di servitù.
Maria, che ha vegliato su di lui con tanta sollecitudine, ha visto venire l’ora delle prime sofferenze del suo Figlio con una dolorosa stretta al suo cuore materno. Sente che la giustizia di Dio potrebbe fare a meno di esigere quel primo sacrificio, oppure accontentarsi del prezzo infinito che esso racchiude per la salvezza del mondo, e tuttavia, bisogna che la carne innocente del suo Figlio sia già lacerata, e che il suo sangue scorra sulle delicate membra.
Ella vede, desolata, i preparativi di quella rozza cerimonia; non può né fuggire né considerare il suo Figlio nelle angosce di quel primo dolore. Bisogna che oda i suoi sospiri, il suo gemito di pianto, e veda scendere le lacrime sulle sue tenere gote. “Ma mentre egli piange – dice san Bonaventura – credi tu che la Madre sua possa contenere le lacrime? Essa stessa dunque pianse. E vedendola così piangere, il Figlio suo, che stava ritto sul suo grembo, portava la manina sulla bocca e sul viso della Madre, come per farle segno di non piangere, perché Colei che egli amava teneramente, la voleva vedere cessare di piangere. Similmente da parte sua la dolce Madre, le cui viscere erano fortemente commosse dal dolore e dalle lacrime del suo Figliuolo, lo consolava con i gesti e con le parole. Infatti, siccome era molto prudente, essa intendeva bene la sua volontà, per quanto ancora non parlasse. E diceva: Figlio mio, se vuoi che io smetta di piangere, smetti anche tu, perché non posso fare a meno di piangere anch’io se piangi tu. E allora, per compassione verso la Madre, il Figlioletto cessava di singhiozzare. La Madre gli asciugava quindi gli occhi, metteva il suo viso a contatto con quello di lui, lo allattava e lo consolava in tutti i modi che poteva” [2].
Ora, che cosa renderemo noi al Salvatore delle anime nostre per la Circoncisione che si è degnato di soffrire onde mostrarci il suo amore? Dovremo seguire il consiglio dell’Apostolo (Col 2,2) e circoncidere il nostro cuore da tutti i suoi affetti cattivi, sradicarne il peccato con tutte le sue cupidigie, vivere infine di quella vita nuova di cui Gesù Bambino ci reca dal ciclo il semplice e sublime modello. Cerchiamo di consolarlo di questo primo dolore, e rendiamoci sempre più disposti agli esempi che egli ci dà.

Preghiamo
O Dio, che per la feconda verginità della beata Vergine Maria hai procurato al genere umano il prezzo dell’eterna salvezza; concedici, te ne preghiamo, di sentire l’intercessione di Colei che ci offrì in dono l’autore della vita, nostro Signor Gesù Cristo.
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[1] Fino all’VIII secolo, il primo giorno dell’anno si celebrava con una festa pagana. La Chiesa la sostituì, fra il 600 e il 657, con una festa cristiana, l’Octava Domini; era una nuova festa di Natale con uno speciale ricordo dedicato a Marla, Madre di Gesù, e la Stazione si faceva a S. Marla ad Martyres, il Pantheon d’Agrippa. Questa festa sarebbe, a giudizio di alcuni, la prima festa mariana della liturgia romana (Ephem. Liturg. t. 47, p. 430). I calendari bizantini dell’VIII e del IX secolo, e prima ancora il canone 17 del Concilio di Tours tenutosi nel 567 e il Martirologio gerominiano (fine del VI secolo) indicano, per il 1° gennaio, la festa della Circoncisione. Inoltre, nei paesi delle Gallie si digiunava in quel giorno per distogliere i fedeli dalle feste pagane del 1° gennaio. Solo nel IX secolo la Chiesa Romana accetta la festa della Circoncisione: si ebbe allora doppio Ufficio e doppia Stazione, una delle quali a San Pietro.
[2] Meditazioni sulla Vita di Gesù Cristo, Vol. I.

1 commento:

  1. Dilettissimi, venera con pietà e con vero culto la festa di oggi colui che non giudica falsamente l’incarnazione del Signore, né crede alcuna cosa indegna della divinità. E’ male di uguale pericolo se si nega a Cristo la realtà della nostra natura o l’uguaglianza con la gloria del Padre. Perciò ora che ci applichiamo a comprendere il mistero della natività di Cristo, si scacci lontano la caligine dei terreni argomenti; il fumo della sapienza mondana si parta dagli occhi della fede illuminata, perché l’autorità a cui crediamo e la dottrina che teniamo è divina.

    Divina è l’autorità a cui crediamo, divina è la dottrina che seguiamo. Infatti quando noi applichiamo la nostra attenzione o alle testimonianze della legge o agli oracoli dei profeti o alla buccina del Vangelo sempre appare la verità di quel che san Giovanni, pieno di Spirito santo, ha cantato: “ In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di Lui neppure una delle cose create è stata fatta” (Gv.1,1-3); ed egualmente vero che lo stesso evangelista ha aggiunto: “ E il Verbo si è fatto carne, e abitò fra noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come d’Unigenito del Padre” (Gv. 1,14).

    In ambedue le nature è lo stesso Figlio di Dio, il quale assume quel che è nostro e non lascia quel che è suo. Nella umanità rinnova l’uomo e in se stesso resta immutabile. Da una parte, la divinità, che egli ha in comune con il Padre, non ha patito nessun difetto di onnipotenza; dall’altra la natura di servo non ha violato la natura di Dio, perché la somma ed eterna essenza che si è inchinata per salvare il genere umano, ci ha trasportati nella sua gloria senza cessare di essere quel che era. Per questo quando l’Unigenito di Dio afferma che è minore del Padre e quando si dice a lui uguale, mostra in se stesso la realtà di ambedue le nature: quella umana prova l’inferiorità e quella divina mostra l’uguaglianza.

    1 gennaio OTTAVA DI NATALE (Circoncisione del Signore)

    S.LEONE MAGNO

    Sermo 7 de Nativitate Domini [le due nature di Cristo]

    Breviario Romano, Mattutino, Lezioni del II Notturno

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