Nel pubblicare [qui] lo stralcio significativo da uno dei testi (“Il significato della comunione”) raccolti nel libro postumo di Joseph Ratzinger presentato qui, ci ripromettevamo di approfondire le osservazioni preliminari già espresse. È intervenuto l'auspicato contributo di Paolo Pasqualucci che riprendo di seguito.
Dalla sostanza alla relazione,
la teologia personale di J. Ratzinger
Bene ha fatto il commentatore a ricordare che nel 1910 il neokantiano Ernst Cassirer scrisse un'importante monografia: "Concetto della sostanza e concetto della funzione. Ricerche sulle questioni fondamentali della teoria della conoscenza". Egli prendeva atto del fatto che il concetto della sostanza non si dimostrava più valido agli occhi dei Fisici e veniva sostituito da quello di "funzione", di origine matematica.
Senza entrare nel dettaglio, data la complessità del tema, faccio quest'ovvia considerazione. Con la scoperta dell'atomo e poi delle particelle si è affermato un atomismo radicale, possiamo dire, che, agli occhi di molti, ha messo in crisi il concetto della sostanza, di origine aristotelica (sostanza-accidenti/interno che costituisce l'essenza della cosa, esterno nel quale appaiono le sue caratteristiche qualità). Questo concetto spiega perfettamente ai nostri occhi il miracolo della transustanziazione. E anche il nesso essere-apparire tipico del nostro stesso essere.
Ma se la realtà fisica è composta di particelle, allora la "sostanza" degli enti dov'è? Si dissolve, in apparenza. Il mondo delle particelle ha le sue leggi, p.e. quelle che regolano la "funzione d'onda" con la quale si descrive la luce, ma sarebbe regolato dal caso, su scala universale.
Dal "caso" non può venir nulla, insegnava Aristotele, il mondo in cui tutto è a caso resterebbe sempre nel caos.
Insomma: se è il caso a governare il mondo delle particelle (quanti elementari di energia) diventate atomi e molecole e infine corpi, animali, esseri umani etc, non si capisce come mai tutto questo mondo riveli l'ordine eccezionale che ben conosciamo, visto che appunto la natura non avrebbe alcuno scopo, agirebbe sempre rimescolando le particelle a caso. La crescita non potrebbe avere forma alcuna. Né potrebbe terminare come se avesse appunto il compito di fermarsi quando l'individuo (insetto, pianta, etc.) è compiuto.
E per dirla in breve: eliminando il concetto di sostanza, ciò per cui l'ente è ciò che è e non altro, viene a cadere anche quello dell'agir per un fine, e in pratica la realtà, anche quella fisica, diventa incomprensibile.
La "relazione" di cui parla Ratzinger non è poi lo stesso della "funzione" di Cassirer, ne è una derivazione o nuova e forse meno rigorosa formulazione.
Si vede comunque che Ratzinger non trovava argomenti contro la "relazione" al posto della "sostanza" e si arrendeva a quest'aspetto del pensiero contemporaneo. Il concetto (moderno) di "relazione" credo l'abbia applicato anche al dogma trinitario. Tale concetto viene inteso in modo errato: la relazione presuppone gli enti della relazione stessa, con la loro individualità; non può essa stessa sostituirvisi, altrimenti diventa relazione di nulla.
Ratzinger ha applicato il concetto moderno di persona al dogma trinitario, cercando quindi di fondarlo sul concetto della "relazione"
Si è inserito in un movimento teologico "novatore" che datava da tempo e che non accettava più il concetto boeziano di persona come "sostanza individuale di natura razionale", di evidente derivazione aristotelica e adottato da san Tommaso.
Cito da Walter Kasper (proprio lui), "Le Dieu des chrétiens", cerf, 1996, traduzione francese di un testo tedesco del 1982 :
"Secondo Ratzinger il concetto di persona 'esprime di per sé l'idea del dialogo e Dio come essere del dialogo. Significa Dio come l'Essere che vive nella parola e che sussiste nella parola, come Io, Tu e Noi'. Non sono né la sostanza [per gli antichi], né il soggetto [per i moderni] a costituire l'elemento ultimo bensì la relazione come categoria originale della realtà. Certo, l'affermazione : le persone sono delle relazioni, è in prima istanza un'affermazione sulla Trinità divina, ma se ne hanno conseguenze decisive anche per l'uomo in quanto immagine e somiglianza di Dio. [Per questa prospettiva] l'uomo non è un essere-in-sé (sostanza) autarchica, né un esser-per-sé (soggetto) individuale, autonomo, bensì un essere a partire da Dio e per Dio e [quindi] a partire dall'altro e per l'altro. Vive in modo umano solo nella relazione IO-Tu-NOI. È [pertanto] l'amore che si mostra come significato del suo essere" (op. cit., pp. 419-420. K. cita varie opere di Ratzinger in nota).
Dunque: La Divina monotriade non è l'Essere perfettissimo sussistente in atto, l'IO sono di biblica memoria; è invece relazione. Non appunto la consustanzialità ab aeterno delle Tre persone dell'unico Dio ma il loro esser-in-relazione. Che si articola nel Verbo, cioè nella Parola, intesa nel suo significato di Dialogo esaltante l'amore divino reciprocamente.
L'esser dell'uomo non potrà che esser, a sua volta, in relazione, di tutti con tutti e quindi "dialogo", ecumenismo e così via. L'esser in relazione dell'uomo, come soggetto, imita l'esser in relazione delle Tre persone divine.
La relazione e il dialogo sono ora la sostanza, l'essenza. Siamo nel pieno stravolgimento non solo della teologia tradizionale ma anche di categorie logiche essenziali. Eliminando la categoria logico-teologica della sostanza, allora risulta priva di senso la nozione della "consustanzialità" di Cristo nostro Signore con il Padre e con la nostra umana natura, tranne che nel peccato (451, Calcedonia).
Questi sono i fondamenti della "teologia" di Ratzinger. Anche senza aver studiato queste cose, si capisce che l'affermazione "Dio è relazione" è priva di senso. (Paolo Pasqualucci)
Nessun commento:
Posta un commento