La voce di un vescovo.. Peccato che con l'aria che tira la loquacità appartenga agli emeriti.....
L’arcivescovo emerito di Mechelen-Bruxelles, monsignor André-Joseph Léonard, pubblica il suo ultimo libro in cui racconta «50 anni del dibattito intorno alla fede».
Nei giorni scorsi il sito web cathobel.be ne ha diffuso alcuni estratti, ne pubblichiamo di seguito uno in una traduzione di lavoro.
«La Chiesa deve ritrovare la sua solidità e fermezza dottrinale»
Tre anni dopo il suo “Diario di campagna” (Luc Pire, 2019), e oltre sei anni dopo il suo “Un eveque dans le siecles”, tradotto e pubblicato in italiano con il titolo “Dio è morto” dall’editore Cantagalli, il Vescovo emerito di Namur, già Arcivescovo di Mechelen-Bruxelles, monsignor Léonard torna con un libro in cui racconta «50 anni del dibattito intorno alla fede». Si intitola «L’Eglise dans tous ses états», pubblicato dalle edizioni Artège.
Gesù abbandonerebbe ora l’umanità al suo destino? Non c’è modo! Lui che, durante la sua vita terrena, ha guarito tanti malati e riconciliato tanti peccatori, Lui che più volte ha affermato che ogni preghiera fatta con perseveranza, nella fede, sarà esaudita, non ascolterà le nostre suppliche per la guarigione dell’umanità e la purificazione della sua Chiesa?
Sicuramente le sente e vuole rispondere ad esse. Non gridiamo a lui per fargli conoscere la nostra angoscia. Il suo cuore trafitto è infinitamente più vulnerabile del nostro! Non preghiamo per informarlo delle nostre miserie. Le conosce meglio di noi e le ha portate nella sua agonia e sulla croce, abbandonato dagli uomini e anche, apparentemente, da Dio suo Padre (cfr Mt 27,46). E se ci chiede di pregare a lungo, con perseveranza, non è perché è diventato sordo nei secoli. È perché noi, poveri miscredenti, abbiamo bisogno di tempo, molto tempo, per credere finalmente nell’onnipotenza della preghiera. (…)
Sicuramente le sente e vuole rispondere ad esse. Non gridiamo a lui per fargli conoscere la nostra angoscia. Il suo cuore trafitto è infinitamente più vulnerabile del nostro! Non preghiamo per informarlo delle nostre miserie. Le conosce meglio di noi e le ha portate nella sua agonia e sulla croce, abbandonato dagli uomini e anche, apparentemente, da Dio suo Padre (cfr Mt 27,46). E se ci chiede di pregare a lungo, con perseveranza, non è perché è diventato sordo nei secoli. È perché noi, poveri miscredenti, abbiamo bisogno di tempo, molto tempo, per credere finalmente nell’onnipotenza della preghiera. (…)
Ma perché in questi ultimi tempi sorgano altre legioni di santi e sante, la Chiesa, Sposa di Cristo, deve imperativamente ritrovare la sua solidità e fermezza dottrinale, mentre in tanti luoghi la fede autentica viene sfilacciata. Dobbiamo quindi riallacciarci all’audacia dei Padri della Chiesa e dei suoi dottori, da sant’Ireneo a santa Teresa di Gesù Bambino, per essere fedeli, se necessario, fino al martirio. La nostra più grande necessità non è riformare le nostre strutture parrocchiali né creare commissioni per questo o quello, né organizzare sinodi, anche se tutto ciò può avere il suo interesse e anche, a volte, la sua necessità.
Abbiamo soprattutto bisogno di santi vescovi, santi presbiteri e diaconi, santi consacrati e santi laici che, con il loro entusiasmo, stimolino vocazioni di ogni genere, restituiscano vitalità soprannaturale alle nostre assemblee liturgiche e alle nostre imprese pastorali e diano nuovamente forza alla Chiesa come “luce del mondo” (cfr Mt 5,14-16). La salvezza può venire solo “dall’Alto”, per opera dello Spirito Santo.
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