Il cardinale George Pell, morto a Roma il 10 gennaio [qui con i richiami a molti suoi precedenti interventi significativi], nella clinica UPMC Salvator Mundi International Hospital, in seguito a complicazioni cardiache dopo un intervento all’anca, aveva scritto negli ultimi giorni, per The Spectator, un articolo contro il Sinodo sulla sinodalità [qui] indetto da Bergoglio.
Ne riprendiamo di seguito il testo, tanto esplicitamente quanto duramente critico su diversi punti del documento di lavoro. Uno scritto ancor più prezioso in quanto rappresenta il suo testamento sull'evento. È ora confermato che il card. Pell è autore del famoso memorandum firmato Demos, che fece grande scalpore, di cui davamo notizia qui...
La Chiesa cattolica deve liberarsi
da questo 'incubo tossico'
Il card. Pell prega davanti alla salma di Benedetto XVI |
Hanno prodotto un libretto di quarantacinque pagine che presenta il resoconto delle discussioni della prima tappa (“ascolto e discernimento”) svoltesi in molte parti del mondo: uno dei documenti più incoerenti mai inviati da Roma.
Senza alcun senso di ironia, il documento si intitola Allarga lo spazio della tua tenda, e lo scopo dichiarato è di accogliere non i nuovi battezzati – coloro che hanno risposto alla chiamata a pentirsi e a credere – ma chiunque possa essere abbastanza interessato da ascoltare. I partecipanti sono invitati a essere accoglienti e radicalmente inclusivi: “Nessuno è escluso”.
Il documento non esorta nemmeno i partecipanti cattolici a fare discepoli in tutte le nazioni (Matteo 28:16-20), né tanto meno a predicare il Salvatore (2 Timoteo 4:2).
Il primo compito di tutti, e specialmente degli insegnanti, è ascoltare nello Spirito. Secondo questo recente aggiornamento della buona novella, la “sinodalità” come modo di essere della Chiesa non è da definire, ma solo da vivere. Ruota attorno a cinque tensioni creative, partendo dall’inclusione radicale e andando verso la missione in uno stile partecipativo, praticando la “corresponsabilità con altri credenti e persone di buona volontà”. Si riconoscono le difficoltà, come la guerra, il genocidio e il divario tra clero e laici, ma tutto può essere sostenuto, si afferma, da una vivace spiritualità.
L’immagine della Chiesa come tenda che si allarga con il Signore al centro viene da Isaia, e il punto è sottolineare che questa tenda che si allarga è un luogo dove le persone sono ascoltate e non giudicate, non escluse.
Così leggiamo che il popolo di Dio ha bisogno di nuove strategie; non litigi e scontri ma dialogo, rifiutando la distinzione tra credenti e non credenti. Il popolo di Dio deve realmente ascoltare, si insiste, il grido dei poveri e della terra.
A causa delle divergenze di opinione sull’aborto, la contraccezione, l’ordinazione sacerdotale delle donne e l’attività omosessuale, si ritiene che non si possano stabilire o proporre posizioni definitive su questi temi. Questo vale anche per la poligamia, il divorzio e il nuovo matrimonio.
Tuttavia il documento è chiaro sul particolare problema della condizione di inferiorità della donna e dei pericoli del clericalismo, anche se si riconosce il contributo positivo di molti sacerdoti.
Che cosa pensare di questo pot-pourri, di questa effusione di buona volontà New Age? Non è un riassunto della fede cattolica o dell’insegnamento del Nuovo Testamento. È incompleto e ostile in modo significativo alla tradizione apostolica. E non riconosce da nessuna parte il Nuovo Testamento come Parola di Dio normativa per ogni insegnamento sulla fede e la morale. L’Antico Testamento viene ignorato, il patriarcato rifiutato e la legge mosaica, compresi i Dieci Comandamenti, non viene riconosciuta.
I due sinodi finali di Roma nel 2023 e nel 2024 dovranno chiarire il loro insegnamento in materia morale, poiché il relatore (capo scrittore e direttore) cardinale Jean-Claude Hollerich ha pubblicamente respinto gli insegnamenti fondamentali della Chiesa sulla sessualità, sostenendo che contraddicono la scienza moderna. In tempi normali questo avrebbe significato che la sua continuazione come relatore sarebbe stata considerata inopportuna, anzi impossibile.
I sinodi devono scegliere se essere servitori e difensori della tradizione apostolica sulla fede e la morale, o se c’è una sovranità del discernimento sull’insegnamento cattolico. Devono decidere se gli insegnamenti di base su cose come il sacerdozio e la moralità possono essere parcheggiati in un limbo pluralista in cui alcuni scelgono di ridefinire i peccati.
Fuori dal sinodo la disciplina si sta allentando, soprattutto nel Nord Europa, dove alcuni vescovi non sono stati rimproverati, anche dopo aver affermato il diritto di un vescovo al dissenso; un pluralismo de facto esiste già più ampiamente in alcune parrocchie e ordini religiosi su cose come la benedizione dell’attività omosessuale.
Il vescovo diocesano è il successore degli apostoli, il maestro supremo in ogni diocesi e il fulcro dell’unità locale per il popolo e dell’unità universale attorno al Papa, successore di Pietro. Fin dai tempi di sant’Ireneo di Lione, il vescovo è anche il garante della continua fedeltà all’insegnamento di Cristo, alla tradizione apostolica. I vescovi sono governatori e talvolta giudici, ma anche insegnanti e celebranti sacramentali, e non sono solo ornamenti o timbri.
Allarga la tenda tiene conto dei fallimenti dei vescovi, che a volte non ascoltano, hanno tendenze autocratiche e possono essere clericali e individualisti. Ci sono segni di speranza, di leadership e cooperazione efficaci, ma il documento ritiene che i modelli piramidali di autorità debbano essere distrutti e che l’unica vera autorità venga dall’amore e dal servizio. Va sottolineata la dignità battesimale, non l’ordinazione ministeriale e gli stili di governo dovrebbero essere meno gerarchici e più circolari e partecipativi.
I principali attori in tutti i sinodi e concili cattolici, e in tutti i sinodi ortodossi, sono stati i vescovi. Ciò va affermato e messo in pratica in modo dolce e collaborativo nei sinodi continentali, affinché le iniziative pastorali rimangano nei limiti della sana dottrina. I vescovi non sono lì semplicemente per convalidare il giusto processo e offrire un “nihil obstat” a ciò che hanno osservato.
Nessuno dei partecipanti al sinodo, laici, religiosi, sacerdoti o vescovi, è ben servito dalla sentenza sinodale che vieta il voto e le proposte. Trasmettere al Santo Padre solo le opinioni del comitato organizzatore perché lui faccia ciò che decide è un abuso della sinodalità, una messa da parte dei vescovi, che è ingiustificata dalle scritture e dalla tradizione. Non è un giusto processo ed è suscettibile di manipolazione.
In netta maggioranza, i cattolici che adorano regolarmente ovunque non avallano le attuali conclusioni sinodali. Né c’è molto entusiasmo agli alti livelli della Chiesa. I continui incontri di questo tipo approfondiscono le divisioni e pochi possono sfruttare la confusione e la buona volontà. Gli ex-anglicani tra noi hanno ragione a identificare la crescente confusione, l’attacco alla morale tradizionale e l’inserimento nel dialogo del gergo neo-marxista sull’esclusione, l’alienazione, l’identità, l’emarginazione, i senza voce, la causa LGBTQ, così come lo spostamento delle nozioni cristiane di perdono, peccato, sacrificio, guarigione, redenzione. Perché il silenzio sull’aldilà della ricompensa o della punizione, sulle quattro ultime cose: morte e giudizio, paradiso e inferno?
Finora il cammino sinodale ha trascurato, anzi declassato il Trascendente, ha coperto la centralità di Cristo con appelli allo Spirito Santo e ha alimentato il risentimento, soprattutto tra i partecipanti.
I documenti di lavoro non fanno parte del magistero. Sono una base per la discussione; devono essere giudicati da tutto il popolo di Dio e specialmente dai vescovi con e sotto il Papa. Questo documento di lavoro necessita di cambiamenti radicali. I vescovi devono rendersi conto che c’è del lavoro da fare, in nome di Dio, prima piuttosto che dopo.
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